La didattica dell’italiano a studenti ungheresi fra tradizione e innovazione
Olvasnivaló
Introduzione
Innanzitutto va specificato, che pur riconoscendo l'importanza dell'apprendimento dell'italiano nel contesto extrascolastico che vanta nel nostro paese una tradizione plurisecolare, in quanto precede sempre l'insegnamento istituzionale, (la sfera privata, i numerosissimi corsi nelle scuole di lingue in Ungheria o in Italia, l'acquisizione spontanea della lingua nell'ambiente italiano) in questo articolo si esaminano alcuni aspetti della didattica dell'italiano, intesa come materia scolastica.
L'insegnamento scolastico dell'Italiano da noi è una tradizione dall'anno scolastico 1924-25 in cui Cuno Klebelsberg, Ministro del Culto fece votare il Parlamento per farla introdurre nel sistema scolastico ungherese, contemporaneamente a quello dell'inglese:
„L'Ungheria è il primo stato , dove abbiamo fatto entrare in vigore per forza di legge l'insegnamento della lingua e letteratura italiana nelle scuole medie. Oggi l'insegnamento della lingua italiana si svolge in venti scuole classiche, in venti istituti tecnici ed in ottanta licei moderni." (Klebelsberg, 1926)
Motivando la decisione Klebelsberg sottolinea l'importanza della cultura e civiltà italiane, venendo alla conclusione che „senza l'insegnamento intenso della lingua e della cultura italiana, la scuola media ungherese non è in grado di dare un quadro esatto e giusto della civiltà moderna" (Klebelsberg)
Dalla storia della didattica dell'italiano si sa, che essa negli anni 30-40 conosce una straordinaria fioritura, di cui parla anche Carlo Tagliavini, famoso linguista, titolare della Cattedra di Italiano presso l'ELTE fra il 1929 e il 1935.
La lingua italiana è oggi molto più diffusa in Ungheria di quanto non fosse alla fine della guerra, non può ancora competere col tedesco, ma, fra le giovane generazione occupa un posto quasi uguale a quello del francese e forse superiore all'inglese. Non é difficile trovare in Ungheria nei negozi , negli uffici, nelle stazioni , impiegati che parlano italiano, e anche in questo campo ogni anno che passa tornando in Ungheria, si notano progressi. (Tagliavini, 1942)
Dopo i cambiamenti politici del 49 l'insegnamento delle lingue occidentali, fra cui l'italiano fu sospeso: la lingua italiana fu doppiamente penalizzata anche per esser stata lingua privilegiata, introdotta e promossa dal passato regime. Dalla ripresa, avvenuta nel 1952, la storia della didattica in Ungheria conosce alti e bassi: dopo la seconda epoca d'oro degli anni 60 (Barna, 1986 ) negli anni 70 subisce un calo tanto da sparire del tutto da intere macroregioni del paese. Dalla metà degli anni 80 comincia di nuovo una fase di miglioramento, seguita da un vero e proprio „ boom" dopo il cambiamento del regime. Da alcuni anni si registra un arresto, una diminuzione delle istituzioni che offrono anche l'insegnamento dell'italiano.
Questo articolo non si prefigge di analizzare il perché di questa oscillazione, che non può esser ricondotta ad un unico motivo, ma ad una molteplicità di fattori sociali, politici.
Nonostante una certa instabilità, l'insegnamento dell'italiano come lingua straniera è indubbiamente una tradizione in Ungheria e quella dell'insegnante dell'italiano non è una figura professionale nuova. La didattica dell'italiano in Ungheria nel corso della sua storia di insegnamento scolastico di quasi 80 anni ha sempre avuto le sue caratteristiche e i suoi problemi specifici, derivanti dallo status della lingua, da certe tradizioni, da problemi tecnici , dai fattori ambientale e culturali, ideologici, politici (alcune di questi sono sempre stati trattati in sede professionale, altre meno, considerate tabù professionali, non sono state dibattute, per non urtare la sensibilità di nessuno ed anch'io mi adeguo a questa tradizione).
A parte i problemi legati specificamente alla didattica dell'italiano, nella didattica delle lingue straniere si emergono sempre nuovi problemi: cambia la concezione sull' apprendimento linguistico, nascono nuovi metodi, si sperimentano nuove tecniche, si diffondono nuove tecnologie, cambiano le finalità e soprattutto cambia il discente, e il suo modo di studiare.[1] Una parte dei problemi di chi insegna la lingua italiana in questo clima di perenne trasformazione e innovazione la condividiamo con gli altri colleghi, insegnanti di altre lingue straniere, come i danni causati dalla „ corsa al certificato" , le enormi lacune e le mancanti competenze del discente anche nella sua madrelingua, la mancanza di fantasia, di creatività e quella nelle conoscenze enciclopediche, la poca sensibilità ai valori tradizionali e così via , problemi che qualsiasi insegnante di lingua- eccetto quei pochi che lavorano in una scuola di élite- deve quotidianamente affrontare.
Per quello che concerne la didattica dell'italiano, chi come me insegna italiano da più di venti anni ai diversi livelli dell'istruzione, ha vissuto in questi decenni profondi cambiamenti che riguardano la professione dell'insegnante di italiano in Ungheria, cambiamenti che naturalmente nei limiti di un articolo non possono né descritti, né valutati, per cui in seguito mi limito ad accennarne solo ad alcuni elementi.
Proporzione, distribuzione, estensione, status, discenti e motivazioni
Quanti studenti studiano l'italiano nelle scuole in Ungheria? Per quello che concerne i dati, essi non possono essere che approssimativi. Una caratteristica dell'insegnamento dell'italiano è che accanto a scuole, che da decenni offrono ai propri studenti la possibilità di studiare l'italiano, vere e proprie roccaforti, in molte scuole, soprattutto in provincia, la presenza della lingua italiana è effimera: legata ad un'unica persona, se quella per un motivo o l'altro lascia il posto, non può esser sostituito da nessuno e l'insegnamento della lingua italiana rimane per anni sospesa o addirittura scompare. (I presidi, poi, conoscendo questo problema si difendono a loro modo: preferiscono non assumere insegnanti di italiano.)
Secondo i dati relativi all'a. s. 1999-2000 ,nelle scuole medie superiori l'italiano viene studiato dal 2,2 % della popolazione (contro 48,2 % dell' inglese e 39,6 % del tedesco, 5,1% del francese, 2% del latino, 0,9% del russo, 1,7 altro). Nella scuola media inferiore: 0, 2% studia l'italiano.
Adesso - almeno all'interno dell''istruzione scolastica l'italiano è una lingua a rischio.(anche se naturalmente non tutte le regioni partecipano nella stessa misura a questo fenomeno ). Dopo il cambiamento del regime e la conseguente liberalizzazione del mercato nella scelta della lingua straniera da studiare, il problema più grave è l'avanzata dell'inglese e del tedesco a danno delle cosiddette lingue"minori".
Se sarà approvata il disegno di legge per cui da settembre di quest'anno nella scuola media superiore sarebbe obbligatorio lo studio di una sola lingua straniera, la situazione delle lingue minori nelle nostre scuole diventerà ancora più drammatica.
Dal punto di vista della distribuzione territoriale, grazie all'attività dei Dipartimenti di italianistica operanti in ogni regione si sono fatti grandi progressi. Sono finiti i tempi in cui ad esempio, ad un incontro di insegnanti italiani , provenienti di tutta l'Ungheria, dal Transdanubio meridionale si sono presentate tutte le tre insegnanti) . La distribuzione territoriale è abbastanza equilibrata, rimane invece il problema tradizionale, lo squilibrio fra città e paese piccolo. Attualmente nei grandi centri gli insegnanti di italiano sono anche troppi, la disoccupazione dei laureati in italianistica è notevole, mentre in molti centri minori non si insegna la lingua italiana, sia per mancanza della domanda sia per mancanza di insegnanti disponibili ad abbandonare le città e trasferirsi in un paesino.
L'italiano tradizionalmente é una lingua studiata nella scuola secondaria superiore, anche se da decenni é presente anche ai livelli della scuola meda inferiore, e sin dalla sua introduzione la troviamo anche negli istituti tecnici (soprattutto commerciali) , negli istituti di musica, dove tradizionalmente viene insegnato e nelle scuole professionali (attualmente soprattutto in quelle con l'indirizzo turistico-alberghiero).
Un accenno a parte meritano le scuole bilingui italo- ungheresi: nel sistema scolastico ungherese un posto speciale spetta all' istruzione bilingue. Le scuole che appartengono a questo tipo di istituzioni, sono centri in cui le rispettive lingue godono di uno status speciale, a volte con problemi molto specifici. Ma nello stesso tempo sono anche laboratori in cui certi problemi, che altrove si fanno sentire dopo diversi anni di studio, qui vengono affrontati immediatamente e interessano un gran numero di ragazzi. Così il lavoro nella sezione bilingue italiano-ungherese offre molte possibilità di riflettere sui problemi di didattica dell'italiano in Ungheria:anzi qui il docente diventa per forza ricercatore . L'insegnamento intensivo che non ha metodologie comprovate e gli obiettivi specifici rendono questo lavoro molto diverso da quello di un normale corso di lingua: qui si lavora in un clima di continua sperimentazione.
L'insegnamento dell'italiano si è esteso anche ai livelli superiori: é presente nei lettorati dei diversi Istituti e di Facoltà. In alcuni di essi accanto ai corsi tradizionali di lingua si tengono anche-a secondo degli indirizzi- corsi di linguaggi settoriali.
Notevolmente è cresciuto anche il numero dei Dipartimenti di italianistica e il numero dei loro iscritti. Va detto però che il fenomeno ha anche diversi lati negativi. Mentre anni fa gli iscritti erano tutti innamorati della lingua e cultura italiana, entusiasti, pronti a diffondere la lingua e cultura italiana in Ungheria, adesso é cresciuta la proporzione di quelli che vi hanno fatto domanda „per mancanza di meglio" , perché" è facile entrare e laurearsi", per parcheggiare 5 anni e poi con la laurea in tasca iscriversi - ormai senza dover affrontare un duro esame di ammissione- a qualche corso serale a pagamento di una Facoltà più gettonata. Qui menzioniamo i numerosi studenti universitari da altre Facoltà che scelgono di studiare l'italiano perché secondo la legge per la fine degli studi devono presentare un certificato di competenza in una lingua straniera, e l'italiano ha la fama di essere una lingua facile da imparare. (Non è molto entusiasmante insegnare a questo tipo di discente, meno male che parte di essi ultimamente si indirizza verso altre lingue, ritenute di gran lunga più facili ancora dell'italiano).
Per tornare alla situazione tipica, quella del liceo,l'italiano viene studiato come lingua seconda straniera, dopo la prima che nella maggioranza dei casi é l'inglese, più raramente il tedesco. Anche prima dell'abolizione del russo obbligatorio non è stato diversamente dunque lo status di „seconda lingua straniera" non è cambiata. Ma in realtà i cambiamenti sono enormi: Studiare l'italiano dopo il russo, che era obbligatorio poco attraente dal punto di vista socio-culturale, difficilissimo per grafia, pronuncia e ricchezza morfologica, significava imparare una lingua di maggior prestigio, aprire una finestra sull'Occidente. Il discorso cambia se l'insegnamento dell'italiano avviene dopo l'inglese, lingua mondiale, veicolo della cultura giovanile, presente anche nel contesto extrascolastico, lingua più semplice dal punto di vista morfologico, lingua familiare, iniziata a studiare in molti casi già nella scuola materna. Così l'insegnante di italiano spesso deve abituarsi all'idea che molti suoi alunni fra l' inglese e l' italiano preferiranno l'inglese.
La maggior parte degli studenti che sceglie l'italiano appartiene, come nel passato al mondo femminile. L'italiano da noi è una lingua da ragazze e per le ragazze.
Nella motivazione della scelta dell'italiano possono esserci diversi elementi: innanzitutto anche se in quest'età generalmente é lo studente che sceglie e non il genitore come avviene nella scuola media inferiore, la scelta é dettata da motivi non sempre legati al prestigio della lingua italiana.: la si sceglie su consiglio di amici, per simpatia verso l'insegnante, o semplicemente perché non si vuole studiare il tedesco , il russo o il latino che la scuola potrebbe ancora offrire. A volte si incontra una motivazione simpatica, quella basata sulla tradizione:„perché anche la mamma l'aveva studiata", o „perché anche la mamma sognava sempre di studiare l'italiano, ma non ne aveva la possibilità " Nel caso di una scelta consapevole si tratta sempre di un criterio estetico: la bellezza della lingua e del paese che sono decisive. E le ragazze sono più sensibili ai valori estetici.
In alcuni indicatori come l'anno dell'inizio dell'apprendimento, il numero delle ore settimanali dedicate all'italiano , i libri di testo da adottare, all'insegna dell'autonomia istituzionale esiste una grande varietà rispetto al passato. Le singole realtà sono molto varie, che é indubbiamente positivo rispetto all'uniformità dei decenni passati, con un unico prezzo da pagare: diventa sempre più difficile qualsiasi tentativo di confrontare le competenze entro studenti provenienti da diverse scuole del paese, così il Festival italiano, bella tradizione degli italianisti in Ungheria deve adattarsi a questa nuova situazione e cercare di innovarsi.
La scelta del manuale
Un aspetto da menzionare é la scelta del manuale: mentre esisteva il manuale unico, obbligatorio per tutti i licei, completati magari dall'unico libro per gli altri contesti di studio( i „Móritz"), oggi la scelta è molto più vasta, comprendente ugualmente edizioni ungheresi e italiane. Basta sfogliare un catalogo della" Guerra" o della" Bonacci„ per convincersi del fatto che il ritardo avvertito nella realizzazione di strumenti -rispetto alle altre grandi lingue- è stato recuperato, mentre rimane il problema delle carenze di materiali per alcuni destinatari, e quello dell'accessibilità di questi nuovi strumenti.
Il primo dilemma che divide la categoria dei docenti di italiano riguarda la scelta del manuale fra uno di edizione ungherese o uno di quella italiana. Sia gli uni che gli altri hanno i vantaggi e gli svantaggi: i manuali italiani, belli anche nel loro aspetto tipografico, trasmettono un tipo di linguaggio più autentico, si basano su concezioni moderne in fatto di acquisizione della lingua, comprovati nell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda in qualche scuola di lingua italiana per stranieri in Italia. Ma non é detto che essi si possano adattare ugualmente con successo anche per la didattica di lingua straniera, con discenti di un'altra fase di età. Questi manuali italiani non sono stati scritti per ragazzi di questa età: occorrono diversi contenuti e un'impostazione diversa. Le edizioni ungheresi accanto ai loro difetti trattano dettagliatamente la grammatica in madrelingua, offrono la possibilità di considerare l'aspetto contrastivo, comprendono anche esercitazioni di traduzione e versione, presentano la cultura attraverso un'ottica interculturale.
Il docente di italiano che opta per un'edizione italiana sceglie generalmente qualche „classico „ di Katerinov o il corso multimediale di Chiuchiù e le polemiche fra i "katerinovisti" e "chiuchiusti" non finiscono mai...Sono meno conosciute e diffuse edizioni ancora più recenti, come l'Uno e Due di Bonacci, che sperimentati un alcuni ambienti risultavano toppo innovativi sia per l'insegnante che per lo studente per cui non hanno dato i frutti sperati.
La questione del metodo
Un settore in cui poco è cambiato è quello del metodo. Le discussioni teoriche in atto fra tradizionalisti ("grammatichisti") e fra modernisti ("comunicati visti") nella prassi quotidiana finisce con la vittoria dei primi. La sopravivenza del metodo grammaticale traduttivo può esser spiegato con una serie di fattori fra cui menzioniamo i seguenti: la forza della tradizione(„Anche a me è stato insegnato così"), lacune nella preparazione (colpa del sistema), sfiducia nella validità dei nuovi metodi, l' abitudine, comodità, mancanza di tempo ( il metodo tradizionale è un metodo economico) ,l'insicurezza nelle proprie competenze( nevrosi tipica dell'insegnante non nativo), la pressione da parte degli alunni che sono stati abituati a studiare così e rifiutano di lavorare diversamente, il tipo di prove nella certificazione e negli esami di maturità e di ammissione,che continuano a dare grande peso alla grammatica, la mancanza delle condizioni tecnologiche, problemi organizzativi e così via.
Condizioni di apprendimento e la norma
In questo ultimo decennio sono cambiate le condizioni di apprendimento: ormai il discente già nella fase iniziale può incontrarsi subito con la realtà linguistica italiana: incontra italiani in Ungheria, segue la televisione italiana, partecipa a scambi scolastici, magari ha anche un insegnante di madrelingua.
Mentre prima il percorso normale era che il discente imparava le regole dello standard, poi, magari scopriva l'infrazione delle dette regole, il valore relativo delle regole grammaticali , concepite come assolute, adesso tutto avviene contemporaneamente, causando non pochi smarrimenti. Un alunno medio fra i 14 e i 18 anni non capisce concetti della sociolinguistica come registri, stili, varietà sociali e spaziali, pretende regole anche dove esse non ci sono, e quando non viene accontentato, arriva ad una di queste conclusioni: o gli italiani non sanno l'italiano, o la professoressa.
Quello del cambiamento della norma (neostandard) e l'esistenza delle norme regionali non è certamente un problema tipicamente ungherese, ma molto sentito anche da noi: la lingua dei manuali, soprattutto se ungheresi non riesce a tenere il passo con i cambiamenti verificatisi nella norma italiana: se esaminiamo i manuali dal punto di vista del neostandard , esso poco o solo parzialmente è presente nei manuali destinati a studenti ungheresi. Di conseguenza il problema tradizionale della distanza fra il linguaggio dei libri e la lingua effettivamente parlata delle persone italiane, che il discente incontra, può sempre essere molto grande.
Le norme regionali e il neostandard danno molto filo da torcere anche nella fase della valutazione, in quanto incidono sulla concezione dell'errore e sono all'origine di molte tensioni fra due insegnanti di italiano, a volte anche fra quelli nativi.
L'infrazione dello standard e l'accettabilità delle altre norme, poi secondo le mie esperienze come esaminatore dipende anche dai livelli linguistici: durante la prova orale della certificazione ho notato che, mentre nella pronuncia e nel lessico i tratti regionali sono generalmente accettati dai colleghi, a volte addirittura premiati come elementi che danno colore al discorso , non vengono tollerati quelli morfo-sintattici.
Cultura e civiltà
Nella didattica dei contenuti un campo in cui c'e molto fermento è la concezione della civiltà. Nell'insegnamento delle lingue straniere, come si sa, dai primi del Novecento grande attenzione viene attribuita alla cultura e civiltà. Doppiamente era vero proprio nel caso dell'italiano, considerato lingua di cultura, l'insegnamento della quale viene proprio giustificato con la sua importanza culturale. La presenza delle informazioni culturali era massiccia come si vede dai programmi prebellici (Szoboszlay) Ma non fu diversamente neanche nei manuali degli anni del socialismo: la cornice é quasi sempre un viaggio in Italia, compiuto da uno studente di liceo ungherese, invitato da un suo amico italiano (come se fosse stata una cosa tipica negli anni della cortina di ferro) che dà occasione di presentare le curiosità del paese. Rispetto a quello che si osserva nei manuali delle altre lingue, il posto di questo tipo di cultura é sempre notevole, un po' per continuare una tradizione, un po' per andare incontro alle aspettative di un certo tipo di discente.
Ultimamente dai temi tradizionali della Cultura (con la maiuscola) l'attenzione si è spostata verso la cultura (con la minuscola) intesa in senso antropologico. Dal punto di vista del successo della comunicazione é più importante conoscere il funzionamento e le regole di comportamento della società che avere nozioni astratte sulla sua letteratura, arte, scienza. Teoricamente tale concezione è pienamente giustificata, che risulta difficilmente esser attuata in pratica. Gli elementi della cultura„alta" sono più accessibili per uno che vive fuori dell'ambiente della lingua d'arrivo, più „insegnabili" .Parlando delle abitudini italiane in fatto di famiglia, di cucina, di sport, di lavoro, di vacanze, invece o si cade nell'errore di ripetere stereotipi, informazioni campate dai libri usciti decenni fa, o di generalizzare le proprie esperienze dirette. Per non parlare di temi soggetti a frequenti cambiamenti con il cambiamento dei governi, come il funzionamento della sanità o quello della scuola. Pretendere che un insegnante di italiano che magari avrà fatto qualche breve soggiorno in Italia, che non aveva mai studiato questo versante della civiltà, possa senza sensi di colpa incaricarsi di fare questo tipo di lavoro è un'illusione. Comunque succede spesso: fra il mondo del lavoro e l'università c'è un divario: al neolaureato si chiedono competenze e contenuti che nessuno gli ha mai insegnato.
L'educazione interculturale lascia ancora molto a desiderare: l'insuccesso di molte esperienze nell'ambito degli scambi scolastici può esser spiegato dalla mancata preparazione intesa in due modi: preparazione professionale dei docenti e preparazione dei partecipanti nella fase organizzativa del viaggio.
Conclusione
Si potrebbe ancora esaminare i problemi della didattica dell'italiano come L seconda in Ungheria, passare in rassegna diversi variabili, anche aspetti tradizionali non sempre positivi: come la sopravivenza di vecchi stereotipi sugli italiani, rafforzati dai media, che trasmettono un' immagine dell'italiano poco serio e poco affidabile ( basti pensare alle notizie che riguardano i cacciatori di uccelli protetti o gli imprenditori che sfruttano gli addetti). Un altro campo in cui non si vedono molti progressi è il poco interessamento da parte della sfera privata italiana presente in Ungheria per le questioni della diffusione della propria lingua. (Mentre le imprese francesi si gareggiano per aiutare l'insegnamento della lingua francese, offrendo premi, borse di studio, regalando diversi sussidi, quelle italiane sono meno generose).
Nonostante tutto per ora l'italiano ha una salda posizione nel sistema scolastico ungherese. Il suo futuro dipende sia dagli orientamenti della politica linguistica in Ungheria, sia dalle dinamiche sociali (essendo un problema fondamentale nella didattica dell'italiano appunto la scarsa presenza della lingua e cultura italiana nell'ambiente extrascolastico).
Ma tutte le istituzioni interessate devono affrontare nuove sfide e contribuire a un miglioramento e una crescitá: l'aspetto quantitativo della didattica dell'italiano in Ungheria è al di fuori delle competenze di un Dipartimento di italianistica, mentre per quello che concerne l'aspetto qualitativo, potrebbe fare molto: considerati i nuovi compiti del docente di lingua italiana : mantenendo il suo profilo tradizionale, rinnovare e completare il suo programma di qualche nuovo insegnamento, indispensabile dal punto di vista professionale del futuro docente di italiano.
Domande:
L'articolo che avete letto rispecchia una situazione di una decine di anni fa. In molti punti è sempre attuale, in altri la situazione è cambiata. Quali sono i cambiamenti da allora nella situazione dei manuali, il numero dei dipartimenti di italianistica, il numero degli iscritti, ecc.?
Chi sono le seguenti figure dell'italianistica ungherese?
Császár Ferenc, Radó Antal, Fest Aladár, Kőrösi Sándor, Koltay-Kastner Jenő, Fogarasi Miklós, Kardos Tibor, Szauder József, Klaniczay Tibor, Móritz György, Herczeg Gyula?
Quali soni i momenti più intensivi dal punto di vista dei rapporti italo-ungheresi?
In base di una ricca letteratura illustrare l'importanza della regione adriatica e della città di Fiume dal punto di vista dei rapporti e di incontri fra lingua italiana e lingua ungherese!
Letture:
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Antal Lajos(1987) Az olasz grammatika Magyarországon, kandidátusi értekezés, függelék.
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[1] La prassi quotidiana ci fa riflettere spesso anche sull’applicabilità di eterne regole d'oro, l’insegnante si trova a volte perplesso di fronte a tecniche e metodi ritenuti validissimi o in altri contesti o nella didattica di altre lingue.
Innanzitutto va specificato, che pur riconoscendo l'importanza dell'apprendimento dell'italiano nel contesto extrascolastico che vanta nel nostro paese una tradizione plurisecolare, in quanto precede sempre l'insegnamento istituzionale, (la sfera privata, i numerosissimi corsi nelle scuole di lingue in Ungheria o in Italia, l'acquisizione spontanea della lingua nell'ambiente italiano) in questo articolo si esaminano alcuni aspetti della didattica dell'italiano, intesa come materia scolastica.
L'insegnamento scolastico dell'Italiano da noi è una tradizione dall'anno scolastico 1924-25 in cui Cuno Klebelsberg, Ministro del Culto fece votare il Parlamento per farla introdurre nel sistema scolastico ungherese, contemporaneamente a quello dell'inglese:
„L'Ungheria è il primo stato , dove abbiamo fatto entrare in vigore per forza di legge l'insegnamento della lingua e letteratura italiana nelle scuole medie. Oggi l'insegnamento della lingua italiana si svolge in venti scuole classiche, in venti istituti tecnici ed in ottanta licei moderni." (Klebelsberg, 1926)
Motivando la decisione Klebelsberg sottolinea l'importanza della cultura e civiltà italiane, venendo alla conclusione che „senza l'insegnamento intenso della lingua e della cultura italiana, la scuola media ungherese non è in grado di dare un quadro esatto e giusto della civiltà moderna" (Klebelsberg)
Dalla storia della didattica dell'italiano si sa, che essa negli anni 30-40 conosce una straordinaria fioritura, di cui parla anche Carlo Tagliavini, famoso linguista, titolare della Cattedra di Italiano presso l'ELTE fra il 1929 e il 1935.
La lingua italiana è oggi molto più diffusa in Ungheria di quanto non fosse alla fine della guerra, non può ancora competere col tedesco, ma, fra le giovane generazione occupa un posto quasi uguale a quello del francese e forse superiore all'inglese. Non é difficile trovare in Ungheria nei negozi , negli uffici, nelle stazioni , impiegati che parlano italiano, e anche in questo campo ogni anno che passa tornando in Ungheria, si notano progressi. (Tagliavini, 1942)
Dopo i cambiamenti politici del 49 l'insegnamento delle lingue occidentali, fra cui l'italiano fu sospeso: la lingua italiana fu doppiamente penalizzata anche per esser stata lingua privilegiata, introdotta e promossa dal passato regime. Dalla ripresa, avvenuta nel 1952, la storia della didattica in Ungheria conosce alti e bassi: dopo la seconda epoca d'oro degli anni 60 (Barna, 1986 ) negli anni 70 subisce un calo tanto da sparire del tutto da intere macroregioni del paese. Dalla metà degli anni 80 comincia di nuovo una fase di miglioramento, seguita da un vero e proprio „ boom" dopo il cambiamento del regime. Da alcuni anni si registra un arresto, una diminuzione delle istituzioni che offrono anche l'insegnamento dell'italiano.
Questo articolo non si prefigge di analizzare il perché di questa oscillazione, che non può esser ricondotta ad un unico motivo, ma ad una molteplicità di fattori sociali, politici.
Nonostante una certa instabilità, l'insegnamento dell'italiano come lingua straniera è indubbiamente una tradizione in Ungheria e quella dell'insegnante dell'italiano non è una figura professionale nuova. La didattica dell'italiano in Ungheria nel corso della sua storia di insegnamento scolastico di quasi 80 anni ha sempre avuto le sue caratteristiche e i suoi problemi specifici, derivanti dallo status della lingua, da certe tradizioni, da problemi tecnici , dai fattori ambientale e culturali, ideologici, politici (alcune di questi sono sempre stati trattati in sede professionale, altre meno, considerate tabù professionali, non sono state dibattute, per non urtare la sensibilità di nessuno ed anch'io mi adeguo a questa tradizione).
A parte i problemi legati specificamente alla didattica dell'italiano, nella didattica delle lingue straniere si emergono sempre nuovi problemi: cambia la concezione sull' apprendimento linguistico, nascono nuovi metodi, si sperimentano nuove tecniche, si diffondono nuove tecnologie, cambiano le finalità e soprattutto cambia il discente, e il suo modo di studiare.[1] Una parte dei problemi di chi insegna la lingua italiana in questo clima di perenne trasformazione e innovazione la condividiamo con gli altri colleghi, insegnanti di altre lingue straniere, come i danni causati dalla „ corsa al certificato" , le enormi lacune e le mancanti competenze del discente anche nella sua madrelingua, la mancanza di fantasia, di creatività e quella nelle conoscenze enciclopediche, la poca sensibilità ai valori tradizionali e così via , problemi che qualsiasi insegnante di lingua- eccetto quei pochi che lavorano in una scuola di élite- deve quotidianamente affrontare.
Per quello che concerne la didattica dell'italiano, chi come me insegna italiano da più di venti anni ai diversi livelli dell'istruzione, ha vissuto in questi decenni profondi cambiamenti che riguardano la professione dell'insegnante di italiano in Ungheria, cambiamenti che naturalmente nei limiti di un articolo non possono né descritti, né valutati, per cui in seguito mi limito ad accennarne solo ad alcuni elementi.
Proporzione, distribuzione, estensione, status, discenti e motivazioni
Quanti studenti studiano l'italiano nelle scuole in Ungheria? Per quello che concerne i dati, essi non possono essere che approssimativi. Una caratteristica dell'insegnamento dell'italiano è che accanto a scuole, che da decenni offrono ai propri studenti la possibilità di studiare l'italiano, vere e proprie roccaforti, in molte scuole, soprattutto in provincia, la presenza della lingua italiana è effimera: legata ad un'unica persona, se quella per un motivo o l'altro lascia il posto, non può esser sostituito da nessuno e l'insegnamento della lingua italiana rimane per anni sospesa o addirittura scompare. (I presidi, poi, conoscendo questo problema si difendono a loro modo: preferiscono non assumere insegnanti di italiano.)
Secondo i dati relativi all'a. s. 1999-2000 ,nelle scuole medie superiori l'italiano viene studiato dal 2,2 % della popolazione (contro 48,2 % dell' inglese e 39,6 % del tedesco, 5,1% del francese, 2% del latino, 0,9% del russo, 1,7 altro). Nella scuola media inferiore: 0, 2% studia l'italiano.
Adesso - almeno all'interno dell''istruzione scolastica l'italiano è una lingua a rischio.(anche se naturalmente non tutte le regioni partecipano nella stessa misura a questo fenomeno ). Dopo il cambiamento del regime e la conseguente liberalizzazione del mercato nella scelta della lingua straniera da studiare, il problema più grave è l'avanzata dell'inglese e del tedesco a danno delle cosiddette lingue"minori".
Se sarà approvata il disegno di legge per cui da settembre di quest'anno nella scuola media superiore sarebbe obbligatorio lo studio di una sola lingua straniera, la situazione delle lingue minori nelle nostre scuole diventerà ancora più drammatica.
Dal punto di vista della distribuzione territoriale, grazie all'attività dei Dipartimenti di italianistica operanti in ogni regione si sono fatti grandi progressi. Sono finiti i tempi in cui ad esempio, ad un incontro di insegnanti italiani , provenienti di tutta l'Ungheria, dal Transdanubio meridionale si sono presentate tutte le tre insegnanti) . La distribuzione territoriale è abbastanza equilibrata, rimane invece il problema tradizionale, lo squilibrio fra città e paese piccolo. Attualmente nei grandi centri gli insegnanti di italiano sono anche troppi, la disoccupazione dei laureati in italianistica è notevole, mentre in molti centri minori non si insegna la lingua italiana, sia per mancanza della domanda sia per mancanza di insegnanti disponibili ad abbandonare le città e trasferirsi in un paesino.
L'italiano tradizionalmente é una lingua studiata nella scuola secondaria superiore, anche se da decenni é presente anche ai livelli della scuola meda inferiore, e sin dalla sua introduzione la troviamo anche negli istituti tecnici (soprattutto commerciali) , negli istituti di musica, dove tradizionalmente viene insegnato e nelle scuole professionali (attualmente soprattutto in quelle con l'indirizzo turistico-alberghiero).
Un accenno a parte meritano le scuole bilingui italo- ungheresi: nel sistema scolastico ungherese un posto speciale spetta all' istruzione bilingue. Le scuole che appartengono a questo tipo di istituzioni, sono centri in cui le rispettive lingue godono di uno status speciale, a volte con problemi molto specifici. Ma nello stesso tempo sono anche laboratori in cui certi problemi, che altrove si fanno sentire dopo diversi anni di studio, qui vengono affrontati immediatamente e interessano un gran numero di ragazzi. Così il lavoro nella sezione bilingue italiano-ungherese offre molte possibilità di riflettere sui problemi di didattica dell'italiano in Ungheria:anzi qui il docente diventa per forza ricercatore . L'insegnamento intensivo che non ha metodologie comprovate e gli obiettivi specifici rendono questo lavoro molto diverso da quello di un normale corso di lingua: qui si lavora in un clima di continua sperimentazione.
L'insegnamento dell'italiano si è esteso anche ai livelli superiori: é presente nei lettorati dei diversi Istituti e di Facoltà. In alcuni di essi accanto ai corsi tradizionali di lingua si tengono anche-a secondo degli indirizzi- corsi di linguaggi settoriali.
Notevolmente è cresciuto anche il numero dei Dipartimenti di italianistica e il numero dei loro iscritti. Va detto però che il fenomeno ha anche diversi lati negativi. Mentre anni fa gli iscritti erano tutti innamorati della lingua e cultura italiana, entusiasti, pronti a diffondere la lingua e cultura italiana in Ungheria, adesso é cresciuta la proporzione di quelli che vi hanno fatto domanda „per mancanza di meglio" , perché" è facile entrare e laurearsi", per parcheggiare 5 anni e poi con la laurea in tasca iscriversi - ormai senza dover affrontare un duro esame di ammissione- a qualche corso serale a pagamento di una Facoltà più gettonata. Qui menzioniamo i numerosi studenti universitari da altre Facoltà che scelgono di studiare l'italiano perché secondo la legge per la fine degli studi devono presentare un certificato di competenza in una lingua straniera, e l'italiano ha la fama di essere una lingua facile da imparare. (Non è molto entusiasmante insegnare a questo tipo di discente, meno male che parte di essi ultimamente si indirizza verso altre lingue, ritenute di gran lunga più facili ancora dell'italiano).
Per tornare alla situazione tipica, quella del liceo,l'italiano viene studiato come lingua seconda straniera, dopo la prima che nella maggioranza dei casi é l'inglese, più raramente il tedesco. Anche prima dell'abolizione del russo obbligatorio non è stato diversamente dunque lo status di „seconda lingua straniera" non è cambiata. Ma in realtà i cambiamenti sono enormi: Studiare l'italiano dopo il russo, che era obbligatorio poco attraente dal punto di vista socio-culturale, difficilissimo per grafia, pronuncia e ricchezza morfologica, significava imparare una lingua di maggior prestigio, aprire una finestra sull'Occidente. Il discorso cambia se l'insegnamento dell'italiano avviene dopo l'inglese, lingua mondiale, veicolo della cultura giovanile, presente anche nel contesto extrascolastico, lingua più semplice dal punto di vista morfologico, lingua familiare, iniziata a studiare in molti casi già nella scuola materna. Così l'insegnante di italiano spesso deve abituarsi all'idea che molti suoi alunni fra l' inglese e l' italiano preferiranno l'inglese.
La maggior parte degli studenti che sceglie l'italiano appartiene, come nel passato al mondo femminile. L'italiano da noi è una lingua da ragazze e per le ragazze.
Nella motivazione della scelta dell'italiano possono esserci diversi elementi: innanzitutto anche se in quest'età generalmente é lo studente che sceglie e non il genitore come avviene nella scuola media inferiore, la scelta é dettata da motivi non sempre legati al prestigio della lingua italiana.: la si sceglie su consiglio di amici, per simpatia verso l'insegnante, o semplicemente perché non si vuole studiare il tedesco , il russo o il latino che la scuola potrebbe ancora offrire. A volte si incontra una motivazione simpatica, quella basata sulla tradizione:„perché anche la mamma l'aveva studiata", o „perché anche la mamma sognava sempre di studiare l'italiano, ma non ne aveva la possibilità " Nel caso di una scelta consapevole si tratta sempre di un criterio estetico: la bellezza della lingua e del paese che sono decisive. E le ragazze sono più sensibili ai valori estetici.
In alcuni indicatori come l'anno dell'inizio dell'apprendimento, il numero delle ore settimanali dedicate all'italiano , i libri di testo da adottare, all'insegna dell'autonomia istituzionale esiste una grande varietà rispetto al passato. Le singole realtà sono molto varie, che é indubbiamente positivo rispetto all'uniformità dei decenni passati, con un unico prezzo da pagare: diventa sempre più difficile qualsiasi tentativo di confrontare le competenze entro studenti provenienti da diverse scuole del paese, così il Festival italiano, bella tradizione degli italianisti in Ungheria deve adattarsi a questa nuova situazione e cercare di innovarsi.
La scelta del manuale
Un aspetto da menzionare é la scelta del manuale: mentre esisteva il manuale unico, obbligatorio per tutti i licei, completati magari dall'unico libro per gli altri contesti di studio( i „Móritz"), oggi la scelta è molto più vasta, comprendente ugualmente edizioni ungheresi e italiane. Basta sfogliare un catalogo della" Guerra" o della" Bonacci„ per convincersi del fatto che il ritardo avvertito nella realizzazione di strumenti -rispetto alle altre grandi lingue- è stato recuperato, mentre rimane il problema delle carenze di materiali per alcuni destinatari, e quello dell'accessibilità di questi nuovi strumenti.
Il primo dilemma che divide la categoria dei docenti di italiano riguarda la scelta del manuale fra uno di edizione ungherese o uno di quella italiana. Sia gli uni che gli altri hanno i vantaggi e gli svantaggi: i manuali italiani, belli anche nel loro aspetto tipografico, trasmettono un tipo di linguaggio più autentico, si basano su concezioni moderne in fatto di acquisizione della lingua, comprovati nell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda in qualche scuola di lingua italiana per stranieri in Italia. Ma non é detto che essi si possano adattare ugualmente con successo anche per la didattica di lingua straniera, con discenti di un'altra fase di età. Questi manuali italiani non sono stati scritti per ragazzi di questa età: occorrono diversi contenuti e un'impostazione diversa. Le edizioni ungheresi accanto ai loro difetti trattano dettagliatamente la grammatica in madrelingua, offrono la possibilità di considerare l'aspetto contrastivo, comprendono anche esercitazioni di traduzione e versione, presentano la cultura attraverso un'ottica interculturale.
Il docente di italiano che opta per un'edizione italiana sceglie generalmente qualche „classico „ di Katerinov o il corso multimediale di Chiuchiù e le polemiche fra i "katerinovisti" e "chiuchiusti" non finiscono mai...Sono meno conosciute e diffuse edizioni ancora più recenti, come l'Uno e Due di Bonacci, che sperimentati un alcuni ambienti risultavano toppo innovativi sia per l'insegnante che per lo studente per cui non hanno dato i frutti sperati.
La questione del metodo
Un settore in cui poco è cambiato è quello del metodo. Le discussioni teoriche in atto fra tradizionalisti ("grammatichisti") e fra modernisti ("comunicati visti") nella prassi quotidiana finisce con la vittoria dei primi. La sopravivenza del metodo grammaticale traduttivo può esser spiegato con una serie di fattori fra cui menzioniamo i seguenti: la forza della tradizione(„Anche a me è stato insegnato così"), lacune nella preparazione (colpa del sistema), sfiducia nella validità dei nuovi metodi, l' abitudine, comodità, mancanza di tempo ( il metodo tradizionale è un metodo economico) ,l'insicurezza nelle proprie competenze( nevrosi tipica dell'insegnante non nativo), la pressione da parte degli alunni che sono stati abituati a studiare così e rifiutano di lavorare diversamente, il tipo di prove nella certificazione e negli esami di maturità e di ammissione,che continuano a dare grande peso alla grammatica, la mancanza delle condizioni tecnologiche, problemi organizzativi e così via.
Condizioni di apprendimento e la norma
In questo ultimo decennio sono cambiate le condizioni di apprendimento: ormai il discente già nella fase iniziale può incontrarsi subito con la realtà linguistica italiana: incontra italiani in Ungheria, segue la televisione italiana, partecipa a scambi scolastici, magari ha anche un insegnante di madrelingua.
Mentre prima il percorso normale era che il discente imparava le regole dello standard, poi, magari scopriva l'infrazione delle dette regole, il valore relativo delle regole grammaticali , concepite come assolute, adesso tutto avviene contemporaneamente, causando non pochi smarrimenti. Un alunno medio fra i 14 e i 18 anni non capisce concetti della sociolinguistica come registri, stili, varietà sociali e spaziali, pretende regole anche dove esse non ci sono, e quando non viene accontentato, arriva ad una di queste conclusioni: o gli italiani non sanno l'italiano, o la professoressa.
Quello del cambiamento della norma (neostandard) e l'esistenza delle norme regionali non è certamente un problema tipicamente ungherese, ma molto sentito anche da noi: la lingua dei manuali, soprattutto se ungheresi non riesce a tenere il passo con i cambiamenti verificatisi nella norma italiana: se esaminiamo i manuali dal punto di vista del neostandard , esso poco o solo parzialmente è presente nei manuali destinati a studenti ungheresi. Di conseguenza il problema tradizionale della distanza fra il linguaggio dei libri e la lingua effettivamente parlata delle persone italiane, che il discente incontra, può sempre essere molto grande.
Le norme regionali e il neostandard danno molto filo da torcere anche nella fase della valutazione, in quanto incidono sulla concezione dell'errore e sono all'origine di molte tensioni fra due insegnanti di italiano, a volte anche fra quelli nativi.
L'infrazione dello standard e l'accettabilità delle altre norme, poi secondo le mie esperienze come esaminatore dipende anche dai livelli linguistici: durante la prova orale della certificazione ho notato che, mentre nella pronuncia e nel lessico i tratti regionali sono generalmente accettati dai colleghi, a volte addirittura premiati come elementi che danno colore al discorso , non vengono tollerati quelli morfo-sintattici.
Cultura e civiltà
Nella didattica dei contenuti un campo in cui c'e molto fermento è la concezione della civiltà. Nell'insegnamento delle lingue straniere, come si sa, dai primi del Novecento grande attenzione viene attribuita alla cultura e civiltà. Doppiamente era vero proprio nel caso dell'italiano, considerato lingua di cultura, l'insegnamento della quale viene proprio giustificato con la sua importanza culturale. La presenza delle informazioni culturali era massiccia come si vede dai programmi prebellici (Szoboszlay) Ma non fu diversamente neanche nei manuali degli anni del socialismo: la cornice é quasi sempre un viaggio in Italia, compiuto da uno studente di liceo ungherese, invitato da un suo amico italiano (come se fosse stata una cosa tipica negli anni della cortina di ferro) che dà occasione di presentare le curiosità del paese. Rispetto a quello che si osserva nei manuali delle altre lingue, il posto di questo tipo di cultura é sempre notevole, un po' per continuare una tradizione, un po' per andare incontro alle aspettative di un certo tipo di discente.
Ultimamente dai temi tradizionali della Cultura (con la maiuscola) l'attenzione si è spostata verso la cultura (con la minuscola) intesa in senso antropologico. Dal punto di vista del successo della comunicazione é più importante conoscere il funzionamento e le regole di comportamento della società che avere nozioni astratte sulla sua letteratura, arte, scienza. Teoricamente tale concezione è pienamente giustificata, che risulta difficilmente esser attuata in pratica. Gli elementi della cultura„alta" sono più accessibili per uno che vive fuori dell'ambiente della lingua d'arrivo, più „insegnabili" .Parlando delle abitudini italiane in fatto di famiglia, di cucina, di sport, di lavoro, di vacanze, invece o si cade nell'errore di ripetere stereotipi, informazioni campate dai libri usciti decenni fa, o di generalizzare le proprie esperienze dirette. Per non parlare di temi soggetti a frequenti cambiamenti con il cambiamento dei governi, come il funzionamento della sanità o quello della scuola. Pretendere che un insegnante di italiano che magari avrà fatto qualche breve soggiorno in Italia, che non aveva mai studiato questo versante della civiltà, possa senza sensi di colpa incaricarsi di fare questo tipo di lavoro è un'illusione. Comunque succede spesso: fra il mondo del lavoro e l'università c'è un divario: al neolaureato si chiedono competenze e contenuti che nessuno gli ha mai insegnato.
L'educazione interculturale lascia ancora molto a desiderare: l'insuccesso di molte esperienze nell'ambito degli scambi scolastici può esser spiegato dalla mancata preparazione intesa in due modi: preparazione professionale dei docenti e preparazione dei partecipanti nella fase organizzativa del viaggio.
Conclusione
Si potrebbe ancora esaminare i problemi della didattica dell'italiano come L seconda in Ungheria, passare in rassegna diversi variabili, anche aspetti tradizionali non sempre positivi: come la sopravivenza di vecchi stereotipi sugli italiani, rafforzati dai media, che trasmettono un' immagine dell'italiano poco serio e poco affidabile ( basti pensare alle notizie che riguardano i cacciatori di uccelli protetti o gli imprenditori che sfruttano gli addetti). Un altro campo in cui non si vedono molti progressi è il poco interessamento da parte della sfera privata italiana presente in Ungheria per le questioni della diffusione della propria lingua. (Mentre le imprese francesi si gareggiano per aiutare l'insegnamento della lingua francese, offrendo premi, borse di studio, regalando diversi sussidi, quelle italiane sono meno generose).
Nonostante tutto per ora l'italiano ha una salda posizione nel sistema scolastico ungherese. Il suo futuro dipende sia dagli orientamenti della politica linguistica in Ungheria, sia dalle dinamiche sociali (essendo un problema fondamentale nella didattica dell'italiano appunto la scarsa presenza della lingua e cultura italiana nell'ambiente extrascolastico).
Ma tutte le istituzioni interessate devono affrontare nuove sfide e contribuire a un miglioramento e una crescitá: l'aspetto quantitativo della didattica dell'italiano in Ungheria è al di fuori delle competenze di un Dipartimento di italianistica, mentre per quello che concerne l'aspetto qualitativo, potrebbe fare molto: considerati i nuovi compiti del docente di lingua italiana : mantenendo il suo profilo tradizionale, rinnovare e completare il suo programma di qualche nuovo insegnamento, indispensabile dal punto di vista professionale del futuro docente di italiano.
Domande:
L'articolo che avete letto rispecchia una situazione di una decine di anni fa. In molti punti è sempre attuale, in altri la situazione è cambiata. Quali sono i cambiamenti da allora nella situazione dei manuali, il numero dei dipartimenti di italianistica, il numero degli iscritti, ecc.?
Chi sono le seguenti figure dell'italianistica ungherese?
Császár Ferenc, Radó Antal, Fest Aladár, Kőrösi Sándor, Koltay-Kastner Jenő, Fogarasi Miklós, Kardos Tibor, Szauder József, Klaniczay Tibor, Móritz György, Herczeg Gyula?
Quali soni i momenti più intensivi dal punto di vista dei rapporti italo-ungheresi?
In base di una ricca letteratura illustrare l'importanza della regione adriatica e della città di Fiume dal punto di vista dei rapporti e di incontri fra lingua italiana e lingua ungherese!
Letture:
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[1] La prassi quotidiana ci fa riflettere spesso anche sull’applicabilità di eterne regole d'oro, l’insegnante si trova a volte perplesso di fronte a tecniche e metodi ritenuti validissimi o in altri contesti o nella didattica di altre lingue.